Raccolta RAEE, la gestione illegale tiene i target europei lontani

Per raggiungere gli obiettivi europei di raccolta dei rifiuti elettronici serve più rigore. Il monito arriva dalla Corte dei conti europea che nel suo ultimo rapporto sulla gestione dei RAEE evidenzia l’importanza non solamente di accelerare nella direzione di una riduzione della produzione di questa tipologia di rifiuti, quanto di potenziare il contrasto ad una gestione illegale dei rifiuti elettronici.

Il quadro tracciato mostra un’Europa a doppia velocità: se nell’UE vengono riciclati in media circa il 40% di tutti i RAEE prodotti (il resto, purtroppo finisce ancora nell’indifferenziata o in canali di gestione non autorizzati) , le percentuali variano – e di molto – da paese a paese. Se nel 2017, la Croazia ha riciclato l’81% di tutti i suoi RAEE, Malta si è fermata al 21%.

Per aumentare le percentuali, a marzo 2020 la Commissione Europea ha presentato un nuovo piano d’azione per l’economia circolare che ha come priorità la riduzione dell’e-waste. La proposta delinea specificamente obiettivi immediati come, ad esempio, la creazione del “diritto alla riparazione” e il miglioramento della riutilizzabilità in generale. E sarà seguita nell’ultimo trimestre del 2021 da una “Iniziativa per una elettronica circolare”, scritta ad hoc dall’esecutivo.

Ma molti dei problemi che frenano il settore non riguardano la normativa UE, quanto la capacità delle singole nazioni di farla rispettare. «Nel tempo la raccolta e il recupero dei rifiuti elettrici ed elettronici sono migliorati nell’UE», ha dichiarato Joëlle Elvinger, il Membro della Corte responsabile dell’analisi. «Tuttavia, la raccolta, il riciclaggio e il riutilizzo di questi rifiuti non sono realizzati con pari efficacia in tutti gli Stati membri e potrebbero aumentare ancora. Sono state constatate alcune sfide anche nel modo in cui l’UE contrasta la gestione irregolare dei rifiuti elettrici ed elettronici, le spedizioni illegali e altre attività criminose».

L’analisi ha evidenziato una certa difficoltà da parte di alcuni Stati membri a far rispettare le norme sui rifiuti elettrici ed elettronici: ad esempio, secondo la Corte, si possono verificare casi di gestione irregolare del trattamento di tali rifiuti (come la rimozione e il disinquinamento di sostanze potenzialmente tossiche o di altri componenti), spesso riconducibili a ispezioni e controlli sporadici o scadenti. Alcuni Stati membri non dispongono delle risorse necessarie per ispezionare adeguatamente gli operatori e le spedizioni di rifiuti al di fuori dell’UE. Gli incentivi economici per la gestione illegale o non corretta dei rifiuti sono ingenti, mentre è generalmente modesto il rischio di essere scoperti. «Il contrasto all’attività criminosa costituisce quindi una sfida notevole nella gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici», afferma la Corte europea.

Si tratta però di una sfida che inizia dalle scelte quotidiane che cittadini e imprese fanno. Affidarsi a realtà qualificate e certificate, come il consorzio Ecolight e la società di servizi Ecolight Servizi, rappresenta un primo passo di responsabilità affinché i rifiuti elettronici seguano fin dall’inizio un percorso di gestione corretto. Così il target europeo non sarà più tanto irraggiungibile.